Fenomeno sempre più in aumento con l’avanzare delle conoscenze digitali

Sex Worker…… e non prostituta!

Fenomeno sempre più in aumento con l’avanzare delle conoscenze digitali

L’argomento non è facile da trattare, senza rischiare di essere tacciato di maschilismo, sessismo, fallocentrismo, moralismo, perbenismo e quant’altro si possa immaginare, ma la pratica della vendita del sesso, eterosessuale, omosessuale o polisessuale che sia, come si usa dire, si perde nella notte dei tempi, dove nel mondo antico, a Babilonia, si praticava già la cosiddetta “prostituzione sacra”.

Ora, invece, bisogna dotarsi di computer, di un account, di carta prepagata, di una stanza accogliente ed entrare nella rete web degli incontri a pagamento. Niente protettori, freddo in strada, fuochi di copertoni maleodoranti, sedili reclinabili dell’auto, igiene inesistente, paura dei pestaggi. La vetrina virtuale bisogna curarla con attenzione. Un po’ di botulino qua e la, acido ialuronico dove serve, epilazione totale, e via con la chat. Anche le “olgettine” e le frequentatrici, o frequentatori, di cene eleganti si sono dovuti riconvertire al digitale.

Con non molta fatica si riescono a guadagnare oltre 6.000 euro al mese, al netto delle spese, naturalmente esenti da tasse. Così raccontano alcuni studenti e studentesse che trovano in questo business la momentanea fonte del loro guadagno. “Quelli che ci contattano sono persone, uomini e donne, dai 40 anni in su. Cercano un rapporto più intimo. Hanno necessità di sentirsi come dei fidanzati. Ci raccontano la loro storia da single, da sposati, da abbandonati”. Per me, dice Francesca, non è un impegno a tempo pieno. Lo faccio quando ne ho voglia, programmando gli incontri secondo i miei impegni di studio e di vita sociale, anche se in questo momento particolare, la socialità è quasi del tutto annullata. Ho iniziato da circa un anno, con i miei coinquilini del vecchio appartamento. Ora vivo da sola in una casa più accogliente e credo di proseguire questo lavoro ancora per 7 – 8 anni, quando, sicuramente, potrò permettermi di avviare la mia professione rispondente agli studi che sto praticando: Medicina.

I miei genitori non lo sanno, non capirebbero. Forse mio fratello ha intuito qualcosa, ma fa finta che non sia vero. Per il momento non ho un ragazzo fisso. Non ne sento la necessità. In fondo, questo lavoro mi permette di scegliermi il partner del momento, di frequentare posti che altrimenti non vedrei, di ricevere attenzioni molto gradite e, soprattutto, di essere pagata per della ginnastica, molte volte, anche particolarmente piacevole.

Questa fredda consapevolezza e determinazione di Francesca mi ha spiazzato totalmente, facendomi ripensare ai miei compagni e compagne di università fuorisede che venivano a studiare a Roma, in 6-7 in un appartamento di meno di 100 mq, rigidamente separati tra i sessi, e che la domenica sera mi chiamavano per condividere quello che avevano portato di buono da mangiare dal loro Paesino di nascita. Una parte di loro, oggi, sono medici, avvocati, architetti, ingegneri, insegnanti, ristoratori e, forse, anche disoccupati. Era il tempo del sesso libero, delle conquiste sociali, delle battaglie per la parità di genere e per la tutela della diversità. Ma a questo punto, non mi sorprenderei se tra loro ci sarà qualcuno, o qualcuna, che chiama Francesca o Francesco per una piacevole ora di ginnastica insieme. 

Roma, 24 marzo 2021

Bartolomeo Roberto Lepori