Great Resignation: Vivere o lavorare?!
———- Potrebbe sembrare l’ennesimo anglicismo e lo è fondamentalmente, ma descrive una delle più grosse conseguenze che questa infinita pandemia ha portato e non sto parlando del vaccino! Quando hai il tempo di fermarti, per scelta o per obbligo, come è avvenuto in questi ultimi due anni, fai quello che nella fretta eviti di fare. Rifletti! Noti cose che prima ti sembravano normali tutto sommato, o che non era possibile cambiare.
Molti si sono resi conto di aver quasi completamente prestato la vita privata al lavoro, tanto da non avere più un posto o uno spazio per rilassarsi. Si sono resi conto di aver venduto il proprio spazio vitale a un prezzo stracciato. Uno stipendio da fame per cui lavori freneticamente che non ti permette poi di avere una vita dignitosa! Molti si sentono schiacciati da un senso di frustrazione perché quando timbrano il cartellino all’uscita non hanno i mezzi, che un lavoro dovrebbe garantirti, per una vita dignitosa.
Secondo uno studio McKinsey il 40% dei lavoratori sta pensando di dimettersi, in Italia tra aprile e giugno 2021 quasi un milione e mezzo di persone ha lasciato il posto di lavoro. Stiamo parlando della Great Resignation.
Fare finta di niente e continuare così senza tenere conto di quello che dentro sentiamo o ridare il giusto spazio al lavoro che è un mezzo per farti fiorire e non il fine della vita? Condizioni disumane e paghe da fame sembra non vengano più tollerate, molti stanno comprendendo che il concetto “siamo tutti utili ma nessuno è indispensabile” non sia poi così vero quando non trovi più chi ti viene a lavorare! Che sia la volta buona?