Vi racconto una storia, la storia di sei donne, Luisa la mamma del gruppo, è la più grande, madre di due ragazzi e moglie devota, è lei che da il buongiorno tutte le mattine e con le sue ricette allieta le giornate proprio come una mamma sa fare. Marianna, la genuina, vedova, madre anche lei di due ragazzi, ha superato molte avversità ma è sempre allegra e sorridente. Loredana la schietta, lei parla poco ma quando lo fa arriva dritta al punto, mai scomposta, lo fa con calma e pacatezza. Lucia la dolce, moglie e madre di una bambina, lavora, si prende cura della sua famiglia e di mamma e papà, paziente e gentile ha sempre una parola di conforto per tutte. Giulia la stravagante, è madre single,  ha sempre la battuta pronta, i momenti bui le hanno insegnato ad affrontare tutto con il sorriso che a detta delle altre, è contagioso, infine c’è Özlem nata a Sivas e cresciuta ad İstanbul, è la piccola del gruppo ma comunque molto matura ed indipendente, vive da 6 anni in Italia. Sono sei donne che non hanno niente in comune, vite diverse, storie diverse come anche la cultura e la religione, sono tutte nate e vissute in posti diversi, si conoscono casualmente nei social durante la pandemia e da allora non c’è giorno che non si sentono, che non si danno il buongiorno o che non si raccontano gli eventi della giornata, sono diventate un punto di riferimento l’una per l’altra, la valvola di sfogo. Progettano viaggi, e sognano il momento in cui potranno incontrarsi tutte insieme e vedersi finalmente di persona. Da quando è iniziata la pandemia infatti, le condizioni diverse in cui siamo costretti a vivere, hanno modificato radicalmente il modo di creare i rapporti. L’impossibilità di avere contatti fisici con le persone che fanno parte della nostra vita, ci hanno inevitabilmente portato a vivere tali rapporti tramite social e a crearne anche di nuovi proprio per evitare quella sensazione di solitudine a cui saremmo andati incontro. Questi nuovi rapporti non sono meno concreti di quelli che avevamo prima, non funzionano in maniera diversa, c’è sempre una componente di fiducia, di rispetto, di comprensione, e anche di malintesi a volte, ma c’è soprattutto una cosa molto importante che si stava perdendo nella vita frenetica di prima, la comunicazione. In effetti si può dire che, questa impossibilità di stare insieme, di vivere i rapporti in maniera fisica abbia portato ad un livello più profondo la comunicazione quasi come a voler inconsciamente compensare. Ora, questo cambiamento forzato non è visto da tutti come hanno cercato di vederlo queste sei donne, come un’opportunità in più, la possibilità di conoscere cose nuove, culture diverse, abitudini e lingue che in altre condizioni non sarebbe stato possibile conoscere. Essere aperti al cambiamento, di qualsiasi tipo, dall’affrontare una pandemia, un nuovo lavoro, la fine di una relazione, il creare una nuova relazione, l’uscire dalla propria comfort zone, richiede una competenza emotiva sia nostra che di chi ci sta intorno che prevede una certa empatia e consapevolezza di se . L’adattarsi al cambiamento, ci obbliga a dover uscire da quella zona sicura e questo causa stress in quanto ci sentiamo sotto pressione e non tutti sono in grado di gestirlo. Questo stress può essere funzionale e allora ci porta al superamento delle difficoltà, quasi ci aiuta perché ci fa essere più attenti, o disfunzionale, quando è troppo, e ci causa confusione. Il senso di confusione o disagio è molto diffuso in questo momento e l’istinto primario è quello di chiuderci maggiormente, di andare in protezione, ma così facendo peggioriamo la situazione. Proprio in periodi così difficili, così critici dobbiamo aprirci a nuove esperienze come hanno fatto queste sei donne, a nuove strade in quanto è ovvio che le vecchie non sono più così sicure, dobbiamo superare il limite e accettare il subbuglio emotivo che questo comporta, solo passando da qui si arriva al livello successivo. E’ un pò come quando ti alleni per l’apnea, ogni volta resisti trenta secondi di più, in quei trenta secondi ti sembra di morire ma il fisico si abitua e la volta dopo potrai passare ai trenta secondi successivi. Questo mi fa ricordare la citazione che trovai in un libro anni fa, è di A.J. Cronin ’’la vita non è un cammino semplice e lineare lungo il quale possiamo procedere liberamente e senza intoppi, ma piuttosto un intricato labirinto, attraverso il quale dobbiamo trovare la nostra strada, spesso smarriti e confusi, talvolta imprigionati in un vicolo cieco. Ma sempre, se abbiamo fede, si aprirà una porta: forse non quella che ci saremmo aspettati, ma certamente quella che alla fine si rivelerà migliore per noi’’. 

Giulia Sburzacchi