VIOLENZA VIRTUALE

—– Durante l’ultima puntata del GFVIP6, Lulu’ Selassie’ ha affrontato un tema delicato ed importante; il Revenge Porn. Un episodio che ha segnato l’adolescenza della principessa, lasciando cicatrici e paure, che influenzano il suo di modo di gestire le relazioni e rapportarsi con gli uomini. Un argomento che sarebbe stato interessante approfondire, mandando un messaggio forte ai telespettatori, su un fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio, su cui c’e’ ancora molto da imparare.
Revenge porn, e’ un termine riduttivo e limitante, per questo si preferisce usare la definizione “Diffusione non consensuale di immagini intime”, che copre ad ampio raggio la divulgazione di materiale a sfondo sessuale. Per vendetta o no, e’ un fenomeno in continua crescita e che colpisce trasversalmente vittime di eta’ ed estrazione sociale diversa, per lo piu’ donne.
Una volta che le foto-video vengono pubblicate online, si attiva una diffusione a catena incontrollabile e velocissima. Una violenza virtuale perpetrata non solo da chi posta le immagini, ma anche dal branco complice e divertito che usufruisce di questo tipo di contenuti. Ogni “click”, ogni “inoltra”, ogni “condividi”, e’ una forma di violenza e abuso.
Viene definita violenza virtuale o violenza online, ma la sofferenza, la vergogna, l’umiliazione, la gogna, sono dolori reali, ferite che non si rimarginano, mortificazioni che le vittime vivono giornalmente.
Spesso ad essere colpevolizzato non e’ chi pubblica il materiale senza consenso ed i loro complici, ma chi ingenuamente per amore e fiducia si è fidato del partner. Soprattutto donne, isolate e giudicate, che sono state costrette a cambiare citta’, hanno perso il lavoro, hanno subito sulla propria pelle l’inquisizione morale da parte di altre donne e della societa’; donne che non sono riuscite a vivere nell’umiliazione e nella solitudine.
I casi di intimità violata sono in continuo aumento, con l’aggravante che la fascia di eta’ delle vittime si abbassa sempre di piu’. E’ importante parlarne non solo in televisione ma anche nelle scuole, per educare, condannare i carnefici e per solidarizzare, dare supporto e non far sentire sole le vittime.